LA FIGURA DEL MEDIATORE - Grosseto Invest

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    LA FIGURA DEL MEDIATORE

    Il mediatore immobiliare: diritto alla provvigione, casistica, responsabilità del mediatore

    diritto alla provvigione, casistica, responsabilità del mediatore
    la figura del mediatore


    Il mediatore deve essere imparziale e indipendente, non deve avere rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza con una o l’altra delle parti, e deve interporsi in maniera neutra ed equidistante tra i contraenti, mettendoli in relazione tra loro, appianandone le divergenze e facendoli pervenire alla conclusione dell’affare. E qui ci si domanda come il mediatore che si trova a vendere interi cantieri e lottizzazioni possa essere imparziale e indipendente rispetto al costruttore....

    A tutti è accaduto o potrà accadere di rivolgersi ad un mediatore immobiliare per vendere od acquistare un immobile, per concedere o prendere in locazione una proprietà.

    Con questo breve approfondimento si vogliono esaminare alcuni aspetti della disciplina della mediazione (art. 1750 – 1765 c.c.).

    Come noto, la mediazione consiste nel porre in relazione due o più parti per la conclusione di un affare o contratto (art. 1754 c.c.).

    Se l’affare è concluso per l’effetto del suo intervento, il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle due parti (art. 1755 c.c.).

    A.  L’obbligo di iscrizione all’albo

    L’art. 2 L. 3.2.1989, n. 39 stabilisce che presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione. Il ruolo è distinto in tre sezioni, di cui una è assegnata ai mediatori immobiliari.

    Oggi gli albi sono aboliti ma è comunque necessario il superamento di un esame di abilitazione e l'iscrizione nella specifica sezione della Camera di Commercio, in mancanza di questi requisiti coloro che esercitano l'attività di mediazione su immobili (o oltre agli abusivi senza alcun titolo possiamo aggiungere anche professionisti iscritti ad altri albi come commercialisti e avvocati, non hanno diritto ad alcun compenso di forma provvigionale....ancorchè mascherato sotto la forma  della consulenza). 

    L’iscrizione è obbligatoria anche per i mediatori che svolgono la propria attività in modo discontinuo o occasionale, e richiede il rispetto di alcuni requisiti (godimento dei diritti civili, superamento di un esame di abilitazione, assenza di condanne penali, ecc…).

    In merito all’obbligo di iscrizione all’albo Cass. 24.10.2023, n. 29506 ha ribadito che tale obbligo costituisce un requisito di validità del contratto di mediazione, rilevabile d’ufficio dal giudice, ed è condizione essenziale per il riconoscimento del diritto alla provvigione (conf. Cass. 19.7.2021, n.20556).

    L’onere di provare l’iscrizione all’albo ricade sul mediatore che chiede in giudizio il riconoscimento del diritto alla provvigione, e tale onere può essere assolto anche mediante l’indicazione del numero di iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione presso la Camera di Commercio, poiché non è esclusa la prova per presunzioni (Trib. Napoli, 23.7.2020, n. 5282).

    Qualora l’attività di mediazione sia svolta in forma societaria, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione è necessario che la società o il suo legale rappresentante siano iscritti all’albo di cui alla l. 39/1989, e pertanto l’eventuale iscrizione all’albo a titolo personale da parte del mediatore non è sufficiente a far sorgere il diritto alla provvigione in capo alla società (Cass. 1.6.2020, n. 10350).

    B. Il diritto del mediatore al pagamento della provvigione

    L’affare si intende concluso con la creazione di un vincolo giuridico tra due o più parti, che abilita ciascuna ad agire nei confronti dell’altra per l’esecuzione o la risoluzione del contratto (art. 1755 cod. civ.).

    Anche lo scambio di whatsapp, documentato con il relativo screenshot prodotto in causa, laddove la parte interessata non ne abbia disconosciuto né la provenienza né il contenuto, può costituire prova scritta dell’accordo raggiunto dalle parti in merito alle condizioni dell’affare, al cui verificarsi sarebbe sorto il diritto al compenso del mediatore [e della misura delle provvigioni stesse] (Trib. Milano 10.8.2021, n. 6935).

    Per ‘affare’ si intende qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto giuridico tra le parti, anche se articolata in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico (Trib. Napoli, 13.9.2022, n. 8016).

    Per queste ragioni il vincolo sorge anche se le parti stipulano solo un contratto preliminare, cioè l’impegno vincolante alla stipula del contratto definitivo (art. 1351 c.c.), a prescindere che alla sottoscrizione del contratto preliminare segua effettivamente o meno la stipula di un contratto definitivo (Trib. Forlì, 15.9.2022, n. 819).

    Sul punto Cass. 13.12.2023, n. 34850 precisa inoltre che al fine di poter ritenere l’affare concluso è necessario che tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di loro ad agire per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato.


    L’affare non viene invece ritenuto concluso dalla giurisprudenza quando le parti sottoscrivono un patto di opzione unilaterale, che vincola unicamente una parte, o il c.d. ‘preliminare di preliminare’ (Trib. Pisa 28.4.2022, n. 545), che vincola tra loro le parti alla successiva sottoscrizione di un contratto preliminare di vendita sia pur non consentendo alla parte non inadempiente di esercitare l’azione di esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. 

    Cass. 13.11.2023, n. 31431 precisa altresì che la sentenza delle Sezioni Unite n. 4628/2015, che delineò per prima le caratteristiche del preliminare di preliminare, non si è occupata della idoneità di tale negozio a fondare il diritto del mediatore alla provvigione:

    “(…) è significativo che le Sezioni Unite abbiano reiteratamente richiamato l’esigenza concreta che si pone alla base di tali forme di accordo, e cioè quella di  ‘riservare il consenso vincolante, sottomesso all’esecuzione coattiva, a verifiche che sono da valutare soggettivamente’, in una situazione che “può essere sintomatica del fatto che le parti hanno consapevolezza che la situazione non è matura per l’assunzione del vincolo contrattuale vero e proprio”.

    Il diritto al pagamento della provvigione matura invece in ipotesi di mediazione c.d. ‘unilaterale’ , cioè una mediazione che ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi essa, conferendogli mandato di scopo, un mediatore di svolgere un’attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni. In caso di conclusione dell’affare per effetto dell’intervento del mediatore, questi, salvo diversi accordi, avrebbe diritto a due distinte provvigioni: una a carico della parte che gli ha conferito l’incarico e una a carico dell’altra parte del contratto che ha beneficiato del suo intervento (in tal senso Trib. Roma, 23.2.2023, n. 3080).


    La parte non é però obbligata ad accettare le proposte contrattuali dell’altro soggetto, trasmesse dal mediatore, per il solo fatto che appaiono conformi alle indicazioni date all’intermediario al momento del conferimento dell’incarico.


    Per queste ragioni Corte d’Appello di Milano 1.6.2022, n. 1909, ha ritenuto nulla la clausola contrattuale nell’incarico dato da un venditore al mediatore, che obbligava il venditore ad accettare le proposte contrattuali che soddisfacessero determinati requisiti stabiliti nell’incarico. Precisa la Corte che “colui che dà incarico a un mediatore è libero di concludere o meno l’affare, e poiché la provvigione spetta al mediatore solo in caso di conclusione dell’affare stesso, ne deriva che di nulla può dolersi il mediatore se il committente, avvalendosi, nel suo libero apprezzamento, della facoltà che la legge gli attribuisce, non addivenga a detta conclusione, avendo il mediatore solo diritto, in tal caso, al rimborso delle spese ai sensi dell’art. 1756 cod. civ.“ .


    Si ritiene che il diritto alla provvigione spetti anche in ipotesi di coincidenza solo parziale tra il bene oggetto di trattativa tra le parti e il bene compravenduto, in quanto la disciplina codicistica della mediazione non richiede, ai fini della maturazione del diritto del mediatore al compenso, che tra oggetto iniziale delle trattative ed oggetto conclusivo dell’affare debba sussistere una coincidenza totale ed assoluta. Cass.5.5.2023, n. 11815 ricorda appunto come “il diritto alla provvigione può sussistere quand’anche vi sia stata una variazione oggettiva nel corso delle trattative, sempre che l’attività del mediatore sia valsa a far scaturire delle trattative poi confluite nella conclusione di qualsivoglia vincolo giuridico concernente un bene univocamente riferibile a quello dedotto nell’iniziale messa in relazione delle parti”.

    Nell’ipotesi in cui le parti messe in contatto tra loro sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, il mediatore  ha comunque diritto al pagamento della provvigione a condizione che permanga una continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che poi stipula il contratto (Trib. Milano 18.8.2021, n. 7000).


    C. Nesso di causalità

    L’art. 1755 c.c. stabilisce che la provvigione è dovuta da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per l’effetto dell’intervento del mediatore, quindi l’affare deve essere concluso e non può mai mancare un rapporto di causa-effetto tra l’attività di mediazione e la conclusione dell’affare.

    Il nesso di causalità sussisterebbe anche solo per il fatto che l’intermediazione contribuisce alla conclusione dell’affare, a prescindere dal ‘peso’ del contributo offerto dal mediatore, senza che sia necessaria la partecipazione dello stesso ad ogni fase delle trattative (Cass. 16.1.2018, n. 869; conf. Cass. 5.12.2014, n. 25799).


    Tuttavia si ritiene necessario che sussista un nesso di causalità definito “adeguato” tra l’apporto del mediatore e la conclusione dell’affare. Il diritto alla provvigione non ricorre pertanto quando una prima fase delle trattative avviate con l’intervento del mediatore non dà risultati positivi e la conclusione dell’affare, cui le parti sono successivamente pervenute, è indipendente dall’intervento del mediatore che le abbia poste originariamente in contatto oppure dal fatto che la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti (Trib. Milano, 5.1.2022, n. 30, conf. Trib. Foggia, 28.7.2022, n. 2077).  

    Ricade comunque sul mediatore che rivendica il pagamento della provvigione l’onere di documentare che la conclusione dell’affare è frutto di un suo intervento.

    Non sussiste il diritto al pagamento della provvigione quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti giungono alla conclusione dell’affare in seguito a iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate (Trib. Milano 18.11.2013, n. 14455).

    Le parti che intendessero negare la fondatezza di tale diritto dovrebbero invece provare:

    i)che la conclusione dell’affare discende da fattori diversi rispetto all’originaria attività del mediatore,

    ii)che l’attività del primo mediatore non ha avuto un ruolo decisivo,

    iii)che l’attività del secondo mediatore è stata decisiva e, considerata singolarmente, da sola idonea a determinare la conclusione dell’affare.

    Questa interpretazione è condivisa anche dalla recente sentenza Cass. 2.2.2023, n. 3165, secondo cui “la nozione di causalità adeguata è stata sviluppata proprio al fine di mitigare la rigorosa imputazione dell’evento in base alla causalità condizionalistica, nel senso che non tutte le condizioni sono considerate cause”.

    Con queste motivazioni i giudici di legittimità hanno respinto la pretesa di un agente al pagamento della provvigione per il solo fatto di aver fatto incontrare due parti, che tuttavia avevano poi concluso un affare grazie all’intervento di un secondo mediatore a cui si era rivolto il venditore dopo la scadenza dell’incarico conferito alla prima agenzia.


    D. Entità della provvigione

    E’ noto che l’ammontare della provvigione spettante all’agente può essere liberamente pattuito tra le parti. Se manca un accordo tra le parti o se l’accordo è nullo, si prendono a riferimento le Tariffe Professionali, gli usi o altrimenti l’ammontare della provvigione può essere stabilito dal Giudice in via equitativa (art. 1755, secondo comma, c.c.). In mancanza di patto (che dovrebbe normalmente risultare per iscritto o con principio di prova scritta) andrebbero presi a riferimento gli usi e le tariffe vigenti nel luogo dove è avvenuta la mediazione, oppure l’articolo 1755 c.c. potrebbe ritenersi integrato dall’articolo 6 Legge 3 febbraio 1989, n. 39, secondo cui la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti in mancanza di patto, sono determinate dalle Giunte Camerali, sentito il parere della Commissione Provinciale e tenuto conto degli usi locali.


    Sul punto Cass. 30.6.2022 n. 25648 ha precisato che “ il giudice non è tenuto a conoscere gli usi, siano essi normativi o interpretativi, e pertanto incombe alla parte che ne richiede l’applicazione l’onere di fornire la prova dell’esistenza e del contenuto di essi, mentre la conoscenza degli stessi che ne abbia acquisito il giudice di merito, risolvendosi in indagine di fatto, non è censurabile in sede di legittimità per vizio o violazione di norme di diritto ”.

    La Corte ha ricordato come poco rilevi l’anno di pubblicazione della raccolta degli usi commerciali ai fini della prova che un uso è ancora vigente e che possa essere preso a riferimento; è decisivo invece dimostrare che nella sostanza si ripete ancora, e da tempo, un comportamento o una convenzione tali da costituire un uso.


    E.  Contributo di più mediatori alla conclusione dell’affare

    Nulla impedisce che più mediatori intervengano in momenti diversi o contemporaneamente nella conclusione dell’affare, come stabilito dall’articolo 1758 c.c. (‘Pluralità di mediatori’).

    In questa ipotesi il diritto alla provvigione sorge se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, sia che essi abbiano cooperato di comune intesa sia che ognuno abbia agito autonomamente dagli altri. Occorre tuttavia che ognuno dia un proprio contributo, pur giovandosi dell’attività espletata dall’altro nella conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di causalità obiettiva tra ciascun intervento e la conclusione dell’affare. (Trib. Napoli 29.4.2022, n. 4153).

    Come detto questa norma trova applicazione, sia che i mediatori intervengano di comune accordo tra loro, sia che l’attività di ogni mediatore venga svolta in via autonomia da quella degli altri (art. 1758 c.c.).

    L’intervento di più mediatori nell’affare non attribuisce ad ognuno di essi il diritto ad una quota identica di provvigione, dovendo la misura di detta quota essere, invece, rapportata all’entità e all’importanza dell’opera prestata da ciascuno dei mediatori intervenuti.

    Nel caso in cui l’entità dell’efficienza concausale dell’opera dei singoli mediatori non sia dimostrata, secondo apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito, la ripartizione delle provvigioni tra i più mediatori deve essere fatta in parti uguali.

    Tuttavia il diritto di più mediatori al pagamento di una quota di provvigione integra una obbligazione divisibile ai sensi dell’art. 1314 cod. civ. e non solidale, perciò ogni mediatore può chiedere il soddisfacimento del credito per la propria parte, fatta eccezione per l’ipotesi che sia stata pattuita la solidarietà tra più mediatori, dal lato attivo (Trib. Milano 6.2.2012, n. 1421, conf. Trib. Genova 14.4.2011, n. 1510).


    F.  Responsabilità del mediatore

    Ai sensi dell’art. 1759, comma 1, cod. civ. il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla sicurezza e alla convenienza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso (Trib. Milano 19.8.2021, n. 7007).

    Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale l’obbligo di informazione si estende a ogni elemento conosciuto o conoscibile dal mediatore, idoneo a consentire alle parti di valutare la convenienza e la sicurezza dell’operazione sotto il profilo economico, e di non concludere un affare non ritenuto fruttuoso o che presenti aspetti di rischio (ad es. possibile usucapione di terzi, indebitamento del venditore e rischio revocatoria ecc.).

    L’obbligo di informazione è comunque limitato alle circostanze desumibili dalla portata dell’incarico affidato al mediatore,

    La giurisprudenza ha indicato a titolo esemplificativo, con la sentenza Cass. 20.4.2023, n. 11371, alcune circostanze di rilievo su cui il mediatore deve informare le parti e, se del caso, acquisire egli stesso informazioni: la possibile contitolarità di un diritto di proprietà, l’eventuale insolvenza di una delle parti, l’esistenza di elementi che se noti alle parti le indurrebbero a modificare il contenuto del contratto, eventuali diritti di prelazione od opzione in favore di soggetti terzi, il rilascio o meno di autorizzazioni amministrative riguardanti il bene, la assoggettabilità del bene ad azioni di riduzione da parte di altri eredi legittimari, l’esistenza di iscrizioni o trascrizioni su un bene, la reale titolarità del bene in capo al venditore.

    Nel caso il mediatore venga meno ai suddetti obblighi la Corte precisa che “ il contenuto della responsabilità del mediatore agli effetti dell’art. 1759 c.c. è il risarcimento dei danni. La parte che sarebbe tenuta a corrispondere la provvigione, a norma dell’art. 1755 c.c., può, peraltro, far valere l’inadempimento dell’obbligo di informazione proprio per sottrarsi al pagamento della stessa provvigione. In ogni caso il mediatore che non abbia adempiuto all’obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della diligenza professionale, è responsabile per i danni sofferti dall’interessato. (…) Allorché l’affare sia comunque concluso, la responsabilità risarcitoria del mediatore reticente o mendace può correlarsi nel minore vantaggio o al maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte che siano state effetto del deficit informativo subito o anche nell’importo della provvigione corrisposta nella prospettiva di un affare che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per raggiungere gli scopi prefissi dal contraente (…) “.

    Tuttavia si è ritenuto che la ‘diligenza informativa’ richiesta al mediatore non sia tale da poter esigere che egli esamini le conservatorie dei registri immobiliari per verificare in quale categoria catastale rientri l’immobile e di conseguenza se il suo acquisto consentirà all’acquirente di godere dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa (Trib. Torino, 15.6.2022, n. 2638).

    La responsabilità del mediatore si estende anche ad altri aspetti normativi:

    ‘Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite’ (art. 1759, u.c., c.c.).

    L’art. 1764 c.c. prevede sanzioni a carico del mediatore, incluso il caso del mediatore che ‘presta la sua attività nell’interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato di incapacità’.

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